La prima volta sui Nuba è un’esperienza che lascia il segno.

Ancora oggi la difficoltà per arrivarci e la mancanza di infrastrutture e dei più normali servizi cui un uomo moderno è abaituato, procura uno shock temporale ed emozionale. Riporta a tempi molto lontani, lascia affiorare sensazioni remote.

Il paesaggio dai contorni arrotondati, che sono quelli delle formazioni rocciose, delle capanne e dei volti della gente, rispecchia l’animo mite del popolo Nuba, fatto di agricoltori e di pastori.

La regione dei Monti Nuba è oggi parte dello stato del Kordofan Meridionale, terra di passaggio tra nord e sud, tra est ed ovest. Un’area grande tre volte e mezzo la Lombardia, con una popolazione di appena un milione e duecentomila unità, dalla natura generosa.“Nuba” è un termine che evoca da solo molte suggestioni: richiami antropologici di un popolo che ha assorbito elementi diversi nel corso dei secoli fondendoli in una identità unica che pure si esprime in quindici diversi idiomi e raccoglie cinquanta gruppi etnici; richiami fotografici impressi nella memoria grazie a George Rodger, Leni Riefenstahl e quei pochi altri che negli ultimi decenni hanno avuto il privilegio di recarsi su quelle alture; richiami umanitari per la vicenda drammatica che li ha sconvolti tra gli anni 80 e 90, quando l’isolamento totale dal resto del mondo ne ha messo a rischio la stessa sopravvivenza.

I Nuba sono un esempio di convivenza religiosa (60% musulmani, 30% cristiani e 10% legati alle religioni tradizionali), un piccolo laboratorio dove si sperimenta un modello che si vorrebbe poter essere applicato al resto del Paese. Un popolo fiero e orgoglioso e allo stesso tempo mite, come dimostra la tradizionale lotta che praticano, al termine della quale vincitore e vinto si abbracciano e si congratulano a vicenda.

La guerra ha lasciato un segno profondo nella coscienza e nel fisico di queste persone che adesso, con l’agognata pace, cercano dignitosamente di ricostruirsi un tessuto istituzionale ed economico che gli permetta un’esistenza pacifica.

L’Italia si è molto impegnata a favore di questa area e di questa popolazione. Lo ha fatto con diverse iniziative governative e della società civile italiana, finanziando i primi aiuti internazionali giunti dopo l’isolamento, allestendo campagne per i diritti umani, intervenendo con ONG, diocesi e amministrazioni locali italiane. Lo ha fatto e continua a farlo con la cooperazione italiana e i contributi alle agenzie delle Nazioni Unite attive nell’area, con le relazioni di amicizia e l’impegno dei missionari.

I Nuba, come il resto del Sudan, hanno bisogno del supporto della comunità internazionale affinché la chance di rendere questa pace una realtà duratura non sia vanificata dal pessimismo, dalle paure e da pregiudizi legati all’esperienza troppe volte negativa di tanti stati africani. Riuscire a vedere la bellezza e la speranza che c’è in questo paese, in tutte le sue sfaccettature, può aiutarlo più di tanti proclami di buone intenzioni. Riconoscere l’unicità del popolo Nuba, rispettarlo per la sua cultura e dignità è il primo passo per garantirne la sopravvivenza in un futuro pacifico e rigoglioso.

Lorenzo Angeloni
Ambasciatore d’Italia in Sudan